Lisa Stansfield ha più volte dichiarato, in molte interviste, di essere cresciuta con la musica dei grandi miti della musica black. Oltre al suo idolo di sempre, Barry White, Lisa ha sempre affermato che a casa sua si ascoltavano molto anche icone come le Supremes e Marvin Gaye. Da questi presupposti pare appropriato offrire ai fans della Stansfield un quadro di come la più importante etichetta discografica della musica nera ha saputo scrivere pagine memorabili della storia del soul e successivamente dell'R&B.

La Tamla Motown nacque a Detroit nel 1959 per iniziativa di Barry Gordy, un autore di canzoni che faceva l'operaio in una fabbrica di automobili.
Gordy, che aveva firmato la hit Lonely teardrops incisa da Jackie Wilson and the Matadors, si convinse che, per far soldi, doveva avere il controllo sull'intero processo discografico: dall'ideazione alla pubblicazione del brano. Cominciò così con 800 dollari, stabilì il suo quartier generale in un bungalow al 2648 di West Grand Boulevard e battezzò col nome di Motown la nascente casa discografica in onore della propria città (dalla contrazione di "motor town", così come era chiamata Detroit, capitale dell'industria automobilistica Usa).

L'ascesa dell'etichetta fu impressionante. La prima vera hit venne nel 1961, e nel 1964 la Motown era già un fenomeno nazionale tanto dirompente da mettere in crisi Billboard che, non sapendo più se classificare le hit di Gordy sotto rock o rhythm & blues, decise di unificare le due classifiche. In breve la Motown divenne prima la più importante casa discografica indipendente e poi la più grande corporation retta da un nero.

I dischi venivano prodotti in modo industriale da diverse equipe affiatatissime e altamente professionali, secondo schemi mutuati dalla catena di montaggio: quella dei compositori (il trio Brian Holland, Lamont Dozier ed Eddie Holland, alias HDH, Nick Ashford e Valerie Simpson, Norman Whitfield), quella dei produttori (fra cui Smokey Robinson), quella dei session-man, e così via. Ma il grosso successo venne dagli artisti del ghetto di Detroit, una moltitudine di ignoti che da un giorno all'altro divennero delle stelle internazionali.

Il Motown sound fu definito come il soul meno gospel e più bianco, le sue hit furono semplici ed immediate, peraltro efficacemente ritmati e molto arrangiati (anzi, inondati di archi: Gordy fece persino ricorso alla Detroit Symphony Orchestra), lirici e melodici. Basti citare, a titolo d'esempio, quella I want you back che costituisce il primo successo dei Jackson 5, datato 1969. Applicata al già citato modo di produzione a catena di montaggio, questa formula sonora consentì alla Motown di piazzare oltre cento singoli nella Top 10 statunitense e 31 numero uno nel periodo compreso dal 1961 al 1972, anno in cui l'etichetta traslocò a Los Angeles, iniziando quel lento declino che la portò ad accasarsi nella famiglia Universal.

Per Berry Gordy, le caratteristiche di una canzone dovevano essere tre: grandi linee di basso, necessarie per battere il tempo e ballare; grandi voci ed interpretazioni, leggere e commerciali, per diventare immediatamente riconoscibili e irrinunciabili; grande radiofonicità del brano, per raggiungere quante più persone possibili.
Un altro motivo del successo della Tamla fu l'aver identificato il pubblico giusto in quanto, mentre le altre case discografiche si erano sempre rivolte a un pubblico maturo (quello che tradizionalmente aveva i soldi per acquistare dischi), la Tamla puntò decisamente sulla massa dei teenagers. A Berry Gordy non interessava fare cultura nella musica contemporanea: non gli interessava ripercorrere la strada della Stax, intenta a riscrivere la storia del R&B, a lui importava diffondere, propagandare, distribuire musica nera, di qualità, nel mondo.

La storia della Motown va letta soprattutto attraverso i nomi che ha saputo lanciare, attraverso gli artisti che ne sono diventati ambasciatori, oltrechè immortali della musica del ‘900. Agli inizi la Tamla Motown fu soprattutto il marchio della musica da party e del soul spensierato soprattutto associato alle canzoni scritte dal trio Holland- Dozier- Holland per i complessi da classifica del 1964/65: tra gli esempi più famosi vanno citati Martha & The Vandellas, le Supremes di Diana Ross e i Four Tops. In casa Motown originò e si sviluppo' anche il fenomeno del soul d'autore, quello che, capovolgendo l'approccio del trio H-D-H, non puntava all'hit di classifica, ma a una musica artisticamente più matura e complessa, destinata a un pubblico infinitamente più sofisticato. I tre grandi autori di Detroit furono Smokey Robinson, Stevie Wonder e Marvin Gaye.

Venne poi l'era del funky e la Tamla fu ancora protagonista, con almeno tre fuoriclasse: Gladys Knight and the Pips, che erano stati uno dei primi gruppi soul di New Orleans, I Jackson Five, capitanati dal prodigioso dodicenne Michael, esponenti di un funky duro e trascinante che avrebbe trovato i suoi campioni nei Commodores.
Questi, dapprima influenzati da Sly Stone (lo strumentale Machine Gun del 1974), caddero poi nelle mani di Lionel Richie, trasformandosi nel gruppo di colore più sentimentale dei '70, specializzati in lenti appassionati da night-club (Three Times A Lady del 1978, Still del 1979), uno stile perseguito da Richie anche nella sua carriera solista (Say You Say Me del 1985).

Un’altra grande forza della Motown è stata quella di sopravvivere al tempo e di avere la forza di non appoggiarsi alla propria gloria. Non a caso il disco più venduto della storia Motown, è stato III dei Boys II Men, uscito a quarantuno anni dalla fondazione dell’etichetta

Anche il rock and roll, soprattutto a partire dagli anni Settanta, storicamente e tecnicamente musica bianca, dovette piegarsi all’influenza del soul, con il quale si contaminò e dal quale nacque gran parte del rock moderno. Ad esempio, i Rolling Stones usarono le canzoni Motown per almeno vent’anni nel loro repertorio e molti altri artisti bianchi incisero cover dei maggiori successi della Motown.

La favola di Gordy finì il giorno della cessione della Motown alla Polygram, con 45 etichette tutte strette sotto l’ala protettrice della Motown stessa, con la certezza di aver segnato per sempre la storia del ‘900 musicale e di aver creato almeno un centinaio di artisti fondamentali per la storia della musica pop.

A cura di: Cristina Solenni

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